CONSERVATORI, RITIRI, COLLEGI, CONVITTI.
Conservatorio dei Santi Filippo e Giacomo dell'arte della seta - 1582
1.Cenni storici
2.Note
3.Galleria Fotografica
4.Bibliografia
5. Area Download
6.Collegamenti esterni
[Last Update 21 aprile 2012, dom]
Sin dalla nascita del Consolato dell'arte della seta i consoli e i membri della corporazione promossero alcune opere caritative, quali la concessione di sussidi agli
artigiani poveri, la sepoltura dei defunti, l'erogazione di una dote di 50 ducati alle figlie indigenti dei setaioli. Nel 1582 si decise di erigere un vero e proprio Conservatorio per educare
"nel santo timore di Dio" le fanciulle orfane la cui famiglia appartenesse all'arte. La nuova istituzione di beneficenza - solennemente approvata con lettera apostolica del 14 luglio 1586, munita
di regio beneplacito da Filippo II - ebbe sede, per nove anni, accanto all'antica chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, nella contrada detta "Orto del Conte" alla via dei Barrettari, quartiere
Mercato. In seguito, però, aumentando il numero delle fanciulle, i consoli decisero l'acquisto del palazzo del conte di Caserta presso il seggio di Nido allo scopo di ospitare il Conservatorio in
una sede più degna. Il 22 febbraio 1591, con solenne processione, le "figliole della seta" ospiti dell'opera pia furono trasferite nella seconda dimora, che sorse vicino all'erigenda chiesa nuova
dei Santi Filippo e Giacomo in via San Biagio dei Librai. Qui l'istituto prese nome dalla "Vergine Madre di Dio" e dai "SS. Apostoli Filippo e Giacomo"; il suo statuto rinnovato - ratificato da
Filippo II il 19 dicembre dello stesso anno - stabilì che le fanciulle dovessero entrare nella casa non prima dei nove anni e non oltre i quindici. Con l'incremento degli introiti dell'arte,
grazie ai frutti degli arrendamenti, il Consolato fece aggiungere al primo palazzo acquistato un altro edificio di pertinenza di Scipione Spinelli, duca di Castrovillari. In quel tempo le ospiti
del Conservatorio ascendevano al numero di duecento. Lo spirito originario dell'istituzione, tuttavia, mutò sensibilmente a causa dell'introduzione dell'oblatismo, che determinò una brusca
diminuzione del numero delle alunne. Queste ultime furono poste sotto la direzione di una badessa; così, nel caso in cui, diventate adulte, non avessero trovato marito, avrebbero professato i
voti minori, vestendo l'abito religioso e rimanendo infeudate al luogo pio col titolo di maestre. A ciò si aggiunsero altre circostanze che determinarono la decadenza dell'opera, come il cattivo
governo di alcuni consoli e le spese poco oculate di altri. Il re Filippo IV di Spagna venne allora in aiuto del Conservatorio nel 1631, concedendo il diritto di riscuotere una tassa di un
tornese sulla vendita di ogni libbra di seta, diritto rinnovato nel 1665, a tempo, per un altro tornese, e poi sanzionato in perpetuo. Questa tassa fu poi abolita da Ferdinando IV, il quale
sostituì a essa un assegno sul bilancio dello Stato, da cui ebbe origine, in epoca postunitaria, un assegno governativo di 7650 lire. Si trattò, comunque, di un miglioramento solo temporaneo,
gravemente compromesso da un incendio scoppiato nel dicembre del 1635. In seguito la pia istituzione rinacque grazie alle cure amorevoli e oculate del console Leo; ma un pesante debito contratto
per ristrutturare il fabbricato del Conservatorio, l'abolizione della tassa sulla vendita della seta, decretata da Ferdinando IV il 20 marzo 1805 e, soprattutto, la soppressione degli
arrendamenti dei dazi di consumo - che costituivano la parte principale delle entrate patrimoniali dell'ente - determinarono una nuova fase di grave declino, solo parzialmente scongiurata dalla
ripartizione della beneficenza stabilita nel 1815, che sorresse un po' la precaria gestione dell'opera. A quell'epoca, però, il Conservatorio si era ormai trasformato di fatto in un mero ricovero
di oblate. Un nuovo statuto, in luogo delle antiche costituzioni, andate perdute, fu approvato con decreto del 1° settembre 1872. Esso impose all'istituzione l'obbligo di ospitare un alunnato di
orfane di civile condizione, scelte prevalentemente all'interno del ceto dei setaioli; ma nel 1879 - anno in cui Teresa Filangieri Ravaschieri Fieschi scrisse la sua "Storia della carità
napoletana" - fra le pochissime ragazze ospitate nel Conservatorio non ve ne era più nessuna che provenisse da "genitori dell'arte". La stessa autrice testimonia inoltre che a quel tempo esisteva
nel pio luogo una scuola gratuita aperta alle fanciulle povere del popolo. Nello stesso periodo il suddetto assegno di 7650 lire venne radiato dal bilancio statale; tuttavia l'istituto, grazie a
un ricorso, ne ottenne il ripristino.
Il Conservatorio venne fuso, insieme con altri enti di pubblica beneficenza, in un unico raggruppamento, in forza della legge speciale del 2 agosto 1897 sul riordinamento
delle opere assistenziali napoletane. In esecuzione di tale provvedimento, il prefetto di Napoli Casavola presentò al Ministero degli interni, nel giugno del 1898, un piano organico di riordino
di dette opere, le quali - per giunta - versavano in uno stato di grave disordine amministrativo e funzionale.
A seguito delle predette proposte fu emanato il decreto regio del 18 giugno 1898, con cui, fra l'altro, gli istituti femminili di beneficenza vennero raggruppati in
quattro organismi amministrativi, distinti in base alle loro finalità e alle condizioni sociali delle ricoverate. Al cosiddetto "primo gruppo" furono ascritti vari istituti, fra i quali il
Conservatorio di Santa Rosa dell'arte della lana e il Conservatorio dei Santi Filippo e Giacomo dell'arte della seta. Dopo alterne vicende e successivi accorpamenti e scorpori delle opere
assistenziali napoletane, tutte le istituzioni del primo gruppo entrarono a far parte di un unico ente, denominato "Collegi riuniti per le figlie del popolo", il cui statuto venne approvato con
decreto regio del 9 luglio 1931.
Su tale sfondo normativo, la legge 30 gennaio 1939 n. 283 - successivamente modificata dalla legge 17 luglio 1942 n. 995 - provvide all'ennesimo sforzo di
riorganizzazione delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza della città di Napoli, mediante la costituzione di raggruppamenti di opere aventi finalità analoghe. Contestualmente
all'applicazione della legge 995 del 1942, quindi, nell'ente Real Albergo dei Poveri furono incorporati: la Casa Paterna Ravaschieri, la Fondazione Armando Diaz, l'Opera Pia Cariffi in
Sant'Arcangelo all'Arena, l'Opera Pia dei Santissimi Pietro e Gennaro Extra Moenia, l'Asilo Carlo van der Heuvel, l'Opera Pia Baldacchini e Gargano e, infine, i già nominati Collegi riuniti per
le figlie del popolo. Detto raggruppamento, poi, venne unito con l'Istituto Vittorio Emanuele III e l'Asilo Regina Margherita, andando a costituire i "Collegi Riuniti Principe di Napoli". Questi
ultimi furono successivamente sciolti in forza dell'articolo 25, comma 5, del D.P.R. n. 616/77, avente come oggetto la "delega di cui all'art. n. 1 della legge 22 luglio 1975 n. 382", nonché in
forza della successiva legge regionale di applicazione n. 65 dell'11 novembre 1980. I beni e le funzioni degli enti raggruppati all'interno dei Collegi Riuniti Principe di Napoli vennero pertanto
trasferiti al Comune di Napoli.
T. FILANGIERI RAVASCHIERI FIESCHI, "Storia della carità napoletana. Conservatorii, Ritiri, Collegi, Convitti", IV, Napoli, Morano, 1879, pp. 19-29.
E. VECCHIONE - E. GENOVESE, "Le istituzioni di beneficenza nella città di Napoli", Napoli, Premiata Scuola Tipografica dei Sordomuti, 1908, pp. 77-79.